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Prima Che Dia La Caccia
Blake Pierce


Un Mistero di Mackenzie White #8
Da Blake Pierce, autore di successo del libro IL KILLER DELLA ROSA (un best-seller con più di 900 recensioni da cinque stelle), è in arrivo il volume #8 della serie di gialli mozzafiato di Mackenzie White. In PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Un Mistero di Mackenzie White – Libro 8), un serial killer si sta lasciando alle spalle una scia di vittime in Nebraska, il Paese d’origine dell’agente speciale dell’FBI Mackenzie White. Tutte sono state uccise con un colpo di pistola alla nuca e tutte hanno addosso il biglietto da visita Antiquariato Barker, lo stesso lasciato sul corpo del padre di Mackenzie dal suo assassino molti anni prima. Finalmente è giunto per Mackenzie il momento di affrontare i propri fantasmi, il proprio oscuro passato e scoprire chi è l’omicida del padre. Ma questo viaggio nei ricordi la porta a visitare luoghi che preferirebbe non vedere, a scoprire cose che preferirebbe ignorare. Mackenzie si ritrova coinvolta in una sorta di gioco del gatto con il topo contro un killer più bieco di quanto si possa immaginare. Con la sua fragile psiche che minaccia di crollare, proprio questo caso, il più cruciale di tutti, potrebbe rivelarsi quello che la metterà fuori gioco una volta per tutte. Thriller-noir psicologico dalla suspense mozzafiato, PRIMA CHE DIA LA CACCIA è il libro #8 in una nuova, avvincente serie – con un nuovo, irresistibile personaggio – che vi terrà incollati alle pagine fino a tarda notte. Di Blake Pierce è anche disponibile il best-seller IL KILLER DELLA ROSA (Un Mistero di Riley Paige – Libro #1), con più di 900 recensioni da cinque stelle, da scaricare gratuitamente!







P R I M A C H E D I A L A C A C C I A



(UN MISTERO DI MACKENZIE WHITE — LIBRO 8)



B L A K E P I E R C E



TRADUZIONE DI

VALENTINA SALA


Blake Pierce



Blake Pierce è l’autore della serie di successo dei misteri di RILEY PAGE, che si compone (al momento) di undici libri. Blake Pierce è anche autore della serie dei misteri di MACKENZIE WHITE, composta (al momento) da otto libri; della serie dei misteri di AVERY BLACK, composta da sei libri; della nuova serie dei misteri di KERI LOCKE, che (al momento) si compone di cinque libri.

Avido lettore e appassionato da sempre di gialli e thriller, Blake riceve con piacere i vostri commenti, perciò non esitate a visitare la sua pagina www.blakepierceauthor.com (http://www.blakepierceauthor.com) per saperne di più e restare in contatto con l’autore.



Copyright © 2017 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. Ad eccezione di quanto consentito dalla Legge sul Copyright degli Stati Uniti del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, né archiviata in un database o un sistema di recupero senza aver prima ottenuto il consenso dell’autore. La licenza di questo e-book è concessa solo ad uso personale. Questo e-book non può essere rivenduto o ceduto a terzi. Se si desidera condividere il libro con altre persone, si prega di acquistare una copia per ciascun destinatario. Se state leggendo questo libro senza averlo acquistato, oppure senza che qualcuno lo abbia acquistato per voi, siete pregati di restituire questa copia e acquistarne una. Vi ringraziamo per il rispetto nei confronti del lavoro dell’autore. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, società, luoghi, eventi e fatti sono frutto dell’immaginazione dell’autore, oppure sono utilizzati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza a persone reali, in vita o decedute, è puramente casuale. Copyright immagine di copertina Will Amey, concessa su licenza di Shutterstock.com.


LIBRI DI BLAKE PIERCE



I MISTERI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)

UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)

UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)

IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)

LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)

VITTIME SUI BINARI (Libro #12)



I MISTERI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)

PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)

PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)

PRIMA CHE SENTA (Libro #6)

PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)

PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)



I MISTERI DI AVERY BLACK

UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)

UNA RAGIONE PER CORRERE (Libro #2)

UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)

UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)

UNA RAGIONE PER SALVARSI (Libro #5)



I MISTERI DI KERI LOCKE

TRACCE DI MORTE (Libro #1)

TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)

TRACCE DI PECCATO (Libro #3)


INDICE



CAPITOLO UNO (#u22cea4b8-ff86-5e0d-b7a8-6a8b4ee823b2)

CAPITOLO DUE (#u49a890e4-b06f-5729-bbfd-355c6b91eddb)

CAPITOLO TRE (#u89230044-60cd-5356-841c-c8848c23dc3b)

CAPITOLO QUATTRO (#u9552fa07-af4d-5bce-870c-f7d271459ae2)

CAPITOLO CINQUE (#u62e4e04f-0f74-5d42-9722-55bb341baa69)

CAPITOLO SEI (#u9727d3a1-3189-59a7-a102-706db9cae71f)

CAPITOLO SETTE (#ue8da211f-11a9-535b-899d-64791a3c7e41)

CAPITOLO OTTO (#ucda1b7cf-22fa-5aba-ad60-e51cc4bf345f)

CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTITRГ€ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTINOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTA (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTUNO (#litres_trial_promo)




CAPITOLO UNO


L’aereo la stava portando in Nebraska.

Mackenzie sbattГ© le palpebre, senza riuscire a scacciare quel pensiero dalla mente.

Solitamente non aveva problemi a prendere sonno in aereo, ma stavolta era diverso. Aveva la sensazione ci fosse qualcosa, là fuori a ovest, che attirasse a sé il velivolo come un magnete. Inoltre, non avrebbe fatto ritorno a Washington finché non avesse risolto il caso recente che si collegava ad un altro, di vent’anni prima: l’omicidio di suo padre.

Quel caso la chiamava ormai da anni. Mackenzie aveva fatto di tutto per dare prova di sé, e finalmente McGrath le aveva dato il via libera a prendere parte alle indagini. Ora non si trattava più soltanto dell’omicidio irrisolto di suo padre diciassette anni prima. Si stavano verificando nuovi omicidi, tutti collegati da un indizio che nessuno era ancora riuscito a decifrare: il biglietto da visita di un negozio inesistente, l’Antiquariato Barker.

Mackenzie pensГІ a quei biglietti da visita mentre osservava fuori dal finestrino. Il cielo pomeridiano era terso. Al di sotto delle vaporose nuvole bianche, riusciva a intravedere le strade che si diramavano come vene nel Midwest. Il Nebraska era vicino, con i suoi campi di granoturco e le sue pianure a meno di quaranta minuti di distanza.

“Tutto bene?”

Mackenzie sbatté le palpebre e distolse lo sguardo dal finestrino, voltandosi alla propria destra, dove Ellington sedeva nel posto accanto al suo. Sapeva che anche lui era nervoso. Lui sapeva quanto quel caso significasse per lei e si stava mettendo troppo sotto pressione. Infatti stava nervosamente giocherellando con la linguetta della lattina dell’aperitivo che aveva finito dieci minuti prima.

“Sì, sto bene” rispose infine. “Ad essere sincera, non vedo l’ora di cominciare.”

“Hai già un piano?” le chiese lui.

“Sì.”

Mentre ripassava mentalmente il suo piano d’attacco, si rese conto che quello era uno dei motivi per i quali si era innamorata di lui. Ellington sapeva che Mackenzie aveva bisogno di parlare, ma che allo stesso tempo si sarebbe chiusa a riccio se glielo avesse chiesto di punto in bianco. Così invece di chiederle come si sentiva sul piano emotivo, aveva dirottato l’attenzione su quello lavorativo. Mackenzie aveva capito il suo trucchetto, ma andava bene così. Il modo in cui Ellington aggirava le sue difese era affascinante e premuroso.

Così gli espose il suo piano di attacco, la cui prima mossa prevedeva un incontro con la polizia del posto e con la piccola squadra di agenti FBI che stavano lavorando al caso. Aveva anche intenzione di coinvolgere Kirk Peterson, l’investigatore privato che per un periodo aveva seguito le indagini da vicino. Anche se l’ultima volta che l’aveva visto era in uno stato abbastanza pietoso, era la persona che aveva più da offrire riguardo al caso.

Il passo successivo sarebbe stato trovare e parlare con un certo Dennis Parks. Le sue impronte erano state identificate sul cadavere di Gabriel Hambry, un tizio che era stato sfruttato per depistare le indagini una settimana prima. Mackenzie era perfettamente consapevole che anche Parks si sarebbe potuto rivelare un diversivo, ma il fatto che l’uomo avesse conosciuto suo padre rendeva tutto più rilevante. Il collegamento era debole: Parks l’aveva conosciuto quando aveva lavorato come poliziotto per un anno, prima di cambiare lavoro e diventare agente immobiliare.

Suo padre, del resto, sembrava la prima vittima di una lunga serie di delitti apparentemente casuali commessi nell’arco di due decenni.

Dopo aver parlato con Dennis Parks, Mackenzie aveva intenzione di incontrare i famigliari di un uomo che era stato ucciso parecchi mesi prima: Jimmy Scotts. Scotts era morto in circostanze praticamente identiche a quelle di suo padre ed era stato proprio quel caso a far riprendere le indagini sull’omicidio del padre.

Mackenzie si fermò lì nell’esposizione del piano, anche se c’era altro. Tuttavia non era qualcosa che si sentiva pronta ad affrontare, né tantomeno a condividere con Ellington.

Prima o poi avrebbe dovuto affrontare il proprio passato. Ci era già andata vicina, quando era tornata nella casa della sua infanzia, ma era stato un momento fugace. Lì per lì non se n’era resa conto, ma tornare in quella casa l’aveva terrorizzata. Era stato come entrare consapevolmente in una casa infestata e chiudersi dentro gettando la chiave.

Stavolta non si sarebbe potuta tirare indietro, ed era giГ  difficile ammetterlo con se stessa, figurarsi sentire il parere di Ellington in proposito.

Mentre gli aveva esposto la sua strategia, Ellington si era limitato ad annuire, senza interromperla. Durante un incontro con McGrath si erano già divisi sommariamente gli incarichi. Un elemento importante in quel caso complesso erano i recenti omicidi dei senzatetto. Le vittime erano arrivate a quattro e su ognuna era stato lasciato un biglietto da visita dell’antiquariato Barker. Ellington si era offerto volontario di occuparsi di questo, mentre Mackenzie si sarebbe dedicata alle indagini sulle morti di suo padre, Jimmy Scotts e Gabriel Hambry, che sembravano il fulcro di tutto.

“Lo sai” commentò Ellington quando Mackenzie ebbe finito di parlare, “se riusciamo a risolvere questo caso, credo proprio che la tua carriera nell’FBI schizzerà alle stelle. Sei già uno dei migliori agenti del Bureau. Spero che ti piaccia stare dietro una scrivania e avere a che fare con scartoffie e pratiche burocratiche, perché è quello che si ottiene arrivando in cima.”

“Ah davvero?” replicò lei. “Allora perché tu non sei già relegato dietro una scrivania?”

Ellington sogghignò. “Mi ferisci, White.”

Quando le prese una mano tra le sue, Mackenzie avvertì della tensione nella sua stretta, ma allo stesso tempo la solita sensazione di conforto che trovava in lui.

Era grata che fosse lì con lei. Per quanto le piacesse affrontare tutto da sola, persino Mackenzie doveva ammettere che le sarebbe servito il supporto morale ed emotivo che solo Ellington era in grado di darle, se voleva avere qualche speranza di risolvere il caso.

Continuò a stringergli la mano mentre il Midwest scorreva sotto di loro e il Nebraska si avvicinava sempre più. L’aereo sembrava attirato dalla stessa forza magnetica che spingeva Mackenzie verso il proprio passato.




CAPITOLO DUE


L’ufficio operativo di Omaha aveva un aspetto gradevole. Aveva dimensioni più ridotte rispetto al quartier generale a Washington, il che significava meno brusio. Inoltre l’aria non era sempre carica di tensione come se stesse per succedere qualcosa, come invece accadeva nella sede principale. Insomma, era un luogo rilassante.

Mentre firmavano il registro delle presenze alla reception, Mackenzie notГІ un uomo diretto verso di loro. Aveva il passo determinato e un sorriso tirato sulle labbra. Il suo volto le era familiare, ma non riusciva assolutamente a ricordare come si chiamasse.

“Agente White, è un piacere rivederla” disse l’uomo quando li ebbe raggiunti. Era sul metro e ottanta di altezza e aveva un portamento sicuro. Nonostante avesse un fisico asciutto, riusciva ugualmente a incutere soggezione. I capelli pettinati all’indietro lo facevano sembrare più vecchio.

“Anche per me” rispose stringendogli la mano.

Per sua fortuna Ellington ricordava il nome dell’uomo. “Agente Penbrook” disse salutandolo, “è un piacere.”

Adesso ricordava: l’agente Darren Penbrook era a capo delle indagini quando lei si era precipitata lì sperando di arrestare Gabriel Hambry, per poi scoprire meno di un’ora dopo che era stato ucciso.

“Venite con me” disse Penbrook. “Non sarà una vera e propria riunione, ma ci sono alcuni sviluppi su cui dovreste essere aggiornati... alcuni molto recenti.”

“Quanto recenti?” volle sapere Mackenzie.

“Delle ultime ventiquattro ore.”

Mackenzie sapeva come funzionavano le cose al Bureau, e immaginò che non ci fossero grosse differenze tra Washington e Omaha. In quel momento non aveva senso fare domande così, mentre salivano con l’ascensore al secondo piano e percorrevano il corridoio che li avrebbe portati alla sala riunioni, i tre si limitarono a scambiarsi convenevoli, parlando del volo, del tempo e di come andavano le cose nella sede di Washington.

Nell’istante in cui Penbrook li fece entrare nella sala riunioni, le chiacchiere furono messe da parte. La stanza era ampia e al centro c’era un elegante tavolo rifinito, dove era già pronto un proiettore.

“Allora, quali sono gli aggiornamenti?” chiese Mackenzie.

“Dunque, avete presente il quarto barbone ammazzato?” domandò Penbrook.

“Sì. È successo ieri, no? Nel pomeriggio.”

“Esattamente” confermò Penbrook. “È stato ucciso con la stessa pistola degli altri tre. Solo che stavolta il killer gli ha infilato il biglietto da visita tra le labbra. Abbiamo fatto i rilevamenti ma non abbiamo trovato impronte. Il senzatetto non era di qui. L’ultimo indirizzo dove ha abitato si trova in California, ma risale a quattro anni fa. Abbiamo cercato parenti o persone che abbiano lavorato con lui, ma era come andare a caccia di fantasmi. Come per la maggior parte di questi clochard. Tuttavia, siamo riusciti a trovare suo fratello. Anche lui è un barbone e, stando al suo fascicolo, non deve avere tutte le rotelle a posto.”

“C’è altro?” si informò Ellington.

“Sì, il peggio deve ancora arrivare. Quest’ultimo sviluppo ci ha mandati nel pallone e siamo di nuovo fermi con le indagini. Ricordate le impronte che avevamo trovato sul corpo di Gabriel Hambry?”

“Certo. Appartenevano a Dennis Parks, un uomo che ha conosciuto mio padre.”

“Precisamente. Sembrava una pista promettente, vero?”

“Devo dedurne che si è rivelata un buco nell’acqua?” chiese Mackenzie.

“Non abbiamo avuto neanche modo di appurarlo. Dennis Parks è stato trovato morto nel suo letto questa mattina. Con un colpo alla nuca. Anche la moglie è stata uccisa. Per quanto ne sappiamo, anche lei è stata uccisa a letto, però il cadavere è stato trasferito sul divano.”

Penbrook ed Ellington si voltarono contemporaneamente verso Mackenzie. Sapeva cosa pensavano. Il killer ha allestito la scena per renderla uguale a quella dell’omicidio di Jimmy Scotts... e di mio padre.

Penbrook approfittò del momento di silenzio per proiettare una slide della scena del delitto. Si vedeva Dennis Parks sdraiato a faccia in giù sul letto, con la parte posteriore della testa distrutta. L’effetto era fin troppo agghiacciante per Mackenzie. Se non avesse conosciuto l’identità della vittima, avrebbe potuto benissimo pensare che si trattasse di una foto dell’omicidio di suo padre.

La diapositiva successiva mostrava la moglie sul divano, con gli occhi spenti rivolti leggermente all’insù. Su un lato del viso aveva del sangue secco.

“È stato trovato un biglietto da visita sulla scena?” chiese Mackenzie.

“Sì, sul comodino” rispose Penbrook, quindi proseguì. “L’ultima foto è del quarto barbone ucciso, giusto per completezza.”

Quando l’immagine proiettata cambiò, Mackenzie vide un uomo riverso su un marciapiede. La testa era una massa sanguinolenta e contrastava fortemente con l’immacolato biglietto da visita infilato tra le labbra del morto.

“A me sembra che il killer a questo punto si stia solo divertendo” commentò Ellington.

Aveva ragione. Mackenzie era certa che l’assassino avesse infilato il biglietto da visita in bocca alla vittima a mo’ di scherno. Se si aggiungeva che si divertiva anche a mettere sui biglietti le impronte digitali di altre vittime per depistarli, significava che avevano a che fare con un assassino determinato, scaltro e morboso.

Crede di essere divertente, pensГІ Mackenzie osservando la foto della vittima.

“Ma perché uccide i barboni?” disse poi ad alta voce. “Se ha ripreso a uccidere dopo tutti questi anni, perché prendere di mira i senzatetto? C’è forse qualche collegamento tra i vagabondi e Jimmy Scotts o Gabriel Hambry?”

“Non abbiamo trovato niente per ora” disse Penbrook.

“Allora forse lo sta facendo solo per prendersi gioco di noi” ipotizzò Mackenzie. “Magari pensa che l’omicidio di un barbone non abbia per l’FBI la stessa priorità dell’omicidio di un comune cittadino. Se è così, lo sta facendo davvero solo per sbatterceli in faccia.”

“Stavo pensando alla comunità dei senzatetto” disse Ellington. “Crede che scopriremmo qualcosa se andassimo in giro a chiedere informazioni ad altri clochard della zona?”

“Oh, ci abbiamo provato” disse Penbrook. “Ma non parlano. Temono che se diranno qualcosa potrebbero essere i prossimi sulla lista del killer.”

“Dobbiamo parlare con il fratello dell’ultima vittima” disse Mackenzie. “Dove potrebbe essere? Vive nei paraggi?”

“Più o meno” fu la risposta di Penbrook. “Come il fratello, anche lui vive per strada. Anzi, viveva. Adesso si trova in un istituto correzionale. Non ricordo come mai è finito lì, forse per ubriachezza molesta. Ha un sacco di precedenti per piccoli reati che di tanto in tanto gli fanno passare una settimana o due dietro le sbarre. Non è l’unico, sapete? Alcuni lo fanno solo per avere qualche giorno di vitto e alloggio gratis.”

“Per lei è un problema se andiamo a parlare con lui?” chiese Mackenzie.

“Niente affatto” disse Penbrook. “Farò una telefonata per annunciare la vostra visita.”

“Grazie.”

“Sono io che dovrei ringraziarla” replicò Penbrook. “Siamo entusiasti di averla finalmente a collaborare al caso.”

Finalmente, pensГІ. Tuttavia non disse niente ad alta voce.

La verità era che anche lei era eccitata di avere infine l’opportunità di risolvere quel caso assurdo che affondava le radici nella sua infanzia ed era strettamente collegato a suo padre.




CAPITOLO TRE


L’Istituto Carcerario Delacroix sorgeva su un anonimo appezzamento di terra non visibile dall’autostrada. Era l’unico edificio su quei cinquecento acri di terreno e, per quanto non sembrasse una prigione, non era sicuramente un luogo in cui una persona di passaggio avrebbe desiderato passare più tempo del dovuto.

Mackenzie ed Ellington furono fatti passare al cancello presidiato e, dopo aver lasciato l’auto nel parcheggio per dipendenti sul retro, si presentarono al check-in. Da lì vennero accompagnati in una piccola sala d’attesa, dove una donna era già lì ad attenderli.

“Agenti White e Ellington?” chiese.

Mackenzie fu la prima a stringerle la mano presentandosi. La donna si chiamava Mel Kellerman. Nonostante la bassa statura e il leggero sovrappeso, dava l’impressione di una che aveva passato momenti difficili ma ne era uscita con una risata.

Mentre li accompagnava fuori dalla sala s’aspetto, Kellerman spiegò loro brevemente come funzionava il posto.

“In quanto Responsabile della Sicurezza” disse la donna, “posso assicurarvi che l’uomo che volete vedere è innocuo. Si chiama Bryan Taylor, ha cinquant’anni ed è un tossicodipendente in cura. A volte parla con persone invisibili. Ha solo piccoli precedenti, ma lo teniamo d’occhio perché questo è il quarto reato minore che commette in un anno. Anche se crediamo che lo faccia solo per avere vitto e alloggio gratis.”

“Qual è stato l’ultimo reato che ha commesso?” si informò Mackenzie.

“Ha fatto pipì contro la ruota posteriore di un autobus di linea in pieno giorno.”

Ellington ridacchiò. “Era ubriaco?”

“No” disse Kellerman. “Dice che gli scappava.”

Li accompagnò oltre un piccolo atrio, quindi attraverso un angusto corridoio. Arrivati in fondo, aprì la porta di una stanza al cui interno si trovavano soltanto un tavolo e cinque sedie. Una di queste era occupata da un uomo dall’aspetto trasandato; un’altra da un agente della sicurezza in divisa. Appena il gruppetto entrò, la guardia scattò in piedi.

“Il signor Taylor sta dando problemi?” si informò Kellerman.

“No, però ha iniziato a sproloquiare. Ce l’ha di nuovo con i russi e con Trump.”

“Ah, uno dei miei numeri preferiti” commentò Kellerman, poi si rivolse a Mackenzie ed Ellington. “Sarò nella stanza qui accanto se avete bisogno di me. Anche se non credo.”

Detto ciò, Kellerman uscì dalla stanza, seguita dalla guardia.

“Salve, signor Taylor” disse Mackenzie sedendosi di fronte all’uomo. “Le hanno detto il motivo della nostra visita?”

Taylor annuì mestamente. “Sì. Volete sapere di mio fratello... della sua morte.”

“Esatto” disse Mackenzie. “Le faccio le mie condoglianze.”

Taylor si limitГІ a stringersi nelle spalle. Tamburellava le dita sul tavolo spostando lo sguardo alternativamente da Mackenzie a Ellington.

“Allora, io sono l’agente White e questo è il mio partner, l’agente Ellington” disse Mackenzie.

“Sì, lo so. Siete dell’FBI” disse alzando gli occhi al cielo.

“Signor Taylor... mi dica... suo fratello aveva nemici? Persone che potevano avercela con lui per qualche motivo?”

Taylor rispose quasi all’istante. “No. Solo la mamma, ma lei è morta da sette anni ormai.”

“Lei e suo fratello eravate in buoni rapporti?”

“Non eravamo esattamente amici per la pelle, però andavamo abbastanza d’accordo. Lui però frequentava dei tipi loschi. Degli Illuminati. Sinceramente non mi ha stupito più di tanto che l’abbiano fatto fuori. Gli Illuminati ce l’hanno con i senzatetto. E anche con le celebrità. Lo sapete vero che sono stati loro a uccidere il presidente Kennedy?”

“Sì, l’ho sentito” disse Ellington, riuscendo a stento a non ridere.

Mackenzie gli pestГІ il piede sotto il tavolo e si sforzГІ di andare avanti.

“Qualcun altro dei suoi amici è stato ucciso di recente?” gli chiese.

“Non direi. Comunque non è che io frequenti un gruppo fisso. Quando vivi per strada, avere molti amici significa solo avere molte persone che ti fregano.”

“Solo un’altra domanda, signor Taylor” disse Mackenzie. “Ha mai sentito parlare di un biglietto da visita di un negozio chiamato Antiquariato Barker?”

Anche stavolta non dovette riflettere prima di rispondere. “No, direi proprio di no. Non ho mai messo piede in un negozio di antiquariato. Non ho soldi da buttare in vecchi relitti polverosi. Solo i ricchi possono avere negozi del genere. O comprare lì.”

Mackenzie annuì e fece un sospiro. “Beh, grazie per il suo aiuto, signor Taylor. Per favore, se le viene in mente qualcosa a proposito di suo fratello che potrebbe aiutarci a scoprire chi l’ha ucciso, lo dica a qualcuno, in modo che ci contatti.”

“Va bene, lo farò. Ehi... potreste andare in Nevada. Scommetto che lì troverete delle risposte.”

“Perché in Nevada?” chiese Mackenzie.

“L’Area 51. Il Lago Groom. Anche se non c’entrano gli Illuminati, tutti sanno che sono i luoghi top secret dove il governo da sempre spedisce i senzatetto. È là nel deserto che fanno su di loro test ed esperimenti.”

Mackenzie si voltò prima che Taylor potesse vederla sorridere. Non poteva farne a meno, sapendo che era un po’ svitato. Ellington invece riuscì a mantenere un atteggiamento professionale.

“Grazie della dritta, signor Taylor. Sicuramente indagheremo.”

Mentre raggiungevano l’uscita, Mackenzie lo toccò con un gomito e si avvicinò sussurrandogli: “Sei stato crudele.”

“Perché mai? Cercavo solo di fargli credere di aver dato un contributo significativo alle indagini.”

“Andrai all’inferno” gli disse Mackenzie ridacchiando.

“Eh, lo so. Insieme agli Illuminati.”



***



Mentre tornavano alla macchina, Mackenzie aveva già un’idea di quale sarebbe stato il prossimo passo. Sembrava una mossa sensata, ma allo stesso tempo capiva perché il Bureau non l’avesse ancora presa seriamente in considerazione.

“Lo sai, Taylor ha detto una cosa giusta” disse Mackenzie.

“Ah sì?” replicò Ellington, “devo essermela persa.”

“Ha accennato al fatto che alcune comunità di senzatetto siano piuttosto chiuse. Credo che il Bureau sia stato così impegnato a cercare di trovare un collegamento tra i barboni da non aver invece tentato di trovarne uno tra loro e gente come Jimmy Scotts e Gabriel Hambry.”

Salirono in macchina e stavolta Ellington si mise al posto di guida. “Non è così. Hanno contattato i rifugi e le mense per senzatetto per verificare se uno di loro avesse qualche legame con quei posti.”

“Appunto” insisté Mackenzie. “È stato dato per scontato che avessero a che fare con i senzatetto da una posizione più avvantaggiata. Invece forse c’è altro sotto.”

“Tipo cosa? Vorresti dirmi che Scotts e Hambry ad un certo punto sono stati dei barboni?”

“Non ne ho idea. Ma mettiamo che sia così. Questo ci fornisce un collegamento e ci farebbe capire che il killer, per un motivo o per l’altro, sta dando la caccia unicamente ai senzatetto.”

“Vale la pena tenerlo in considerazione” disse Ellington. “Ma questo non risponde alla domanda più importante: perché?”

“Intanto voglio accertarmi di non stare correndo troppo.”

“In che modo?”

“Da quello che ho letto sul suo dossier, Gabriel Hambry non ha famiglia. Gli unici parenti sono i nonni, che vivono nel Maine. Invece Jimmy Scotts ha una moglie e due figli a Lincoln.”

“Quindi è là che vuoi andare?” dedusse Ellington.

“Beh, considerando che l’altro posto in cui voglio andare è a sei ore di distanza... sì, direi che dovremmo iniziare da lì.”

“Sei ore? Dove accidenti è che vuoi andare? Dall’altra parte del paese?”

“In effetti sì. Nella contea di Morrill, in un paesino chiamato Belton.”

“Cosa c’è là?”

Cercando di reprimere un brivido, Mackenzie rispose: “Il mio passato.”




CAPITOLO QUATTRO


Durante il viaggio verso Lincoln, passarono in rassegna varie teorie. Perché uccidere i barboni? Perché aspettare così a lungo prima di ricominciare a uccidere? Perché Ben White, il padre di Mackenzie? C’erano state altre vittime prima di Ben White, di cui semplicemente si ignorava l’esistenza?

Le domande erano fin troppe e le risposte erano praticamente zero. Nonostante Mackenzie non amasse fare speculazioni, a volte era l’unica cosa possibile quando la realtà non ti offriva niente di concreto. Adesso che era tornata in Nebraska sembrava ancora più necessario. In uno stato così grande e senza piste solide, la speculazione era l’unico strumento a loro disposizione.

In realtà una pista c’era, anche se sembrava un fantasma: biglietti da visita di un negozio inesistente. Di certo non erano d’aiuto.

Mackenzie continuò a pensare ai biglietti da visita mentre raggiungevano Lincoln. Eppure dovevano avere uno scopo, anche se si fosse trattato solo di un enigma che l’assassino voleva che risolvessero. Mackenzie sapeva che i suoi colleghi di Washington avevano già provato a decifrare la chiave di lettura (ammesso che esistesse) ma fino a quel momento non avevano avuto fortuna.

I biglietti da visita ritrovati sulle vittime finora sembravano comunicare un solo messaggio: che il killer voleva che sapessero quali delitti fossero opera sua. Voleva che le autorità tenessero il conto, che sapessero di quali omicidi fosse responsabile. Questo rivelava che l’assassino non si vantava soltanto del proprio operato, ma anche di essere riuscito a far impazzire l’FBI nel tentativo di scovarlo.

Ellington parcheggiò l’auto davanti all’abitazione degli Scotts, una casa della classe medio-alta in un quartiere dove tutte le case si assomigliavano. I prati erano curati alla perfezione e mentre scendevano dalla macchina per andare alla porta d’ingresso degli Scotts, Mackenzie vide un paio di persone intente a portare a spasso i propri cani con gli occhi incollati allo schermo del cellulare.

Mackenzie aveva letto nei fascicoli del caso le informazioni essenziali su Kim, la moglie di Jimmy Scott. Lavorava da casa come scrittore tecnico per un’azienda di software e le figlie erano a scuola ogni giorno fino alle 15:45. Un mese dopo la morte di Jimmy si era trasferita a Lincoln, dichiarando che tutto ciò che si trovava nella contea di Morrill non era altro che un devastante promemoria della vita che aveva vissuto con suo marito.

Quando Mackenzie bussò alla porta erano le 15:07. L’ideale sarebbe stato entrare e uscire senza dover coinvolgere le figlie. Stando al fascicolo, per la maggiore, una promettente studentessa del primo anno delle superiori, la morte del padre era stato un colpo particolarmente duro.

Una donna di mezza età dalla straordinaria bellezza aprì la porta. In un primo momento sembrò confusa, poi però, probabilmente dopo aver visto come erano vestiti Mackenzie ed Ellington, sembrò capire chi fossero e perché si trovassero lì.

Corrugò leggermente la fronte e domandò: “Posso esservi d’aiuto?”

“Sono l’agente White e questo è l’agente Ellington. Siamo dell’FBI” disse Mackenzie. “Speravamo che potesse rispondere a qualche domanda su suo marito.”

“Dite sul serio?” fece Kim Scotts. “Mi sono lasciata questa storia alle spalle. E lo stesso vale per le mie figlie. L’ultima cosa che vorrei è riaprire quel capitolo, perciò mi dispiace ma devo dirvi di no...”

Fece per chiudere la porta, ma Mackenzie la intercettГІ con una mano.

“Capisco che abbia voltato pagina” le disse “ma purtroppo il killer no. Dopo suo marito ha ucciso almeno altre cinque persone.” Stava quasi per aggiungere che molto probabilmente si trattava dello stesso killer che aveva ucciso suo padre vent’anni prima, poi però decise di tenersi quel particolare per sé.

Kim Scotts riaprì la porta, ma invece di invitarli ad entrare uscì sul portico. Questo atteggiamento non era una novità per Mackenzie: Kim voleva tenere qualunque conversazione sul defunto marito fuori dalle mura domestiche,

“Come pensate che possa esservi d’aiuto?” chiese Kim. “Ho ripetuto quello che so almeno tre volte dalla morte di Jimmy. Non ho nuove informazioni.”

“Lei no, ma il Bureau sì” precisò Mackenzie. “Tanto per cominciare, dopo suo marito e un altro uomo, a quanto pare il killer si è interessato ai senzatetto. Finora ne ha uccisi quattro, per quanto sappiamo. Sa se Jimmy avesse qualche legame con la comunità dei senzatetto?”

A quanto pareva, quella domanda l’aveva lasciata perplessa. La sua espressione era a metà tra il confuso e il seccato. “No. L’unica cosa che ha in qualche modo a che fare con i senzatetto è che portava i vestiti che non indossava più all’Esercito della Salvezza. Lo facciamo un paio di volte l’anno, per liberare gli armadi.”

“E che mi dice delle persone con cui lavorava? Sa se una di loro avesse qualche legame con i clochard, oppure anche solo con persone povere?”

“Ne dubito. Oltre a lui c’erano solo altre due persone a gestire la piccola società di marketing. Non fraintendetemi... Jimmy è sempre stato un uomo caritatevole, ma né lui né io siamo mai stati particolarmente coinvolti nella comunità.”

Mackenzie si sforzò di trovare qualcos’altro da chiedere, ma non ci riuscì. Adesso era quasi sicura che Jimmy Scotts fosse stato scelto a caso. Senza movente, senza ragione. Aveva solo avuto la sfortuna di essere stato visto e seguito dall’assassino. Inoltre questo le fece ipotizzare che anche le morti di Gabriel Hambry, Dennis Parks e suo padre fossero casuali.

Anzi, forse no. C’è un collegamento fra mio padre e Dennis Parks. Quindi perché le altre vittime dovrebbero essere state selezionate a caso?

“E le sue figlie?” chiese Ellington. “Potrebbero essere coinvolte in qualche progetto umanitario con la scuola?”

“No” disse Kim. Dalla sua espressione era chiaro che non le facesse affatto piacere dover pensare alle figlie coinvolte in tutto quello.

“Ha detto che suo marito lavorava in un’azienda di marketing. Sa se potrebbero aver avuto dei clienti legati in qualche modo ai progetti umanitari?”

“Questo non lo so. Ma se anche fosse, sarebbe stato solo un piccolo progetto. Jimmy parlava con me solo di gradi progetti. Se volete comunque ho una copia di tutte le fatture. Mi è stato recapitato tutto alla sua morte. Vado a prenderle?”

“Sì, sarebbe molto utile” disse Mackenzie.

“Un momento, allora” disse Kim rientrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle, ancora una volta senza invitarli ad entrare.

“Bella pensata quella dei clienti” disse Ellington. “Credi che troveremo qualcosa?”

Mackenzie fece spallucce. “Tentare non costa nulla.”

“Però potremmo dover indagare parecchio” le fece notare lui.

“Vero, ma così almeno avremo qualcosa da fare durante le sei ore di viaggio per arrivare alla contea di Morrill.”

“Che divertimento.”

Kim tornò sul portico con cinque grossi raccoglitori impilati e legati da un elastico. “Ad essere sincera sono contenta di disfarmene. Se non è chiedere troppo, potreste farmi sapere se trovate qualcosa? È vero che ho fatto di tutto per lasciarmi la morte di Jimmy alle spalle, ma questo non significa che il mistero di tutto ciò a volte non mi faccia impazzire.”

“Ma certo” disse Mackenzie. “Signora Scotts, grazie per la sua collaborazione.”

Kim rivolse loro un breve cenno del capo e rimase in piedi sul portico mentre Mackenzie ed Ellington scendevano i gradini per tornare alla macchina. Mackenzie sentiva su di sé lo sguardo della vedova, che faceva di tutto perché nessuna menzione del marito morto entrasse in casa. Kim sembrò rilassarsi soltanto una volta che Mackenzie ed Ellington furono nell’auto.

“Povera donna” disse Ellington. “Secondo te ha davvero voltato pagina?”

“Forse. Lei dice di sì, ma non ci ha fatti entrare. Non voleva che si parlasse della sua morte dentro casa,”

“Però allo stesso tempo” disse Ellington sollevando i raccoglitori, “sembrava contenta di liberarsi di questi.”

“Forse vuoi disfarsi anche di tutti gli oggetti dentro casa che le ricordano di lui” gli fece notare.

Si allontanarono dall’abitazione, diretti verso l’autostrada. Nessuno dei due proferì parola, quasi restando in un silenzio rispettoso per la vedova alla quale avevano appena parlato.



***



Erano le cinque del pomeriggio quando arrivarono all’ufficio operativo e gli impiegati stavano smontando dal lavoro. Mackenzie si chiese come sarebbe stato avere il proprio tempo comandato da un orologio, piuttosto che dalle pressanti preoccupazioni che spesso le procuravano gli squallidi casi. Pensò che non facesse per lei.

Lei ed Ellington incontrarono Penbrook nella stessa sala riunioni di quella mattina. La giornata era stata lunga, anche a causa del volo da Washington così mattiniero. Tuttavia, adesso che sapeva quale sarebbe stato il prossimo passo da compiere nell’indagine, Mackenzie si rese conto di avere nuove energie e di essere pronta a ripartire.

Aggiornarono Penbrook sulla chiacchierata che avevano avuto con Kim Scotts e si presero del tempo per sfogliare i raccoglitori che la donna gli aveva passato. Lo fecero rapidamente, quasi come se fosse un allenamento di routine.

“E qui ci sono stati sviluppi?” chiese Ellington.

“Nessuno” disse Penbrook. “Sinceramente, mi interessa parecchio sapere cos’avete voi. Mi pare di capire che questo caso le stia particolarmente a cuore, agente White. Qual è la nostra prossima mossa?”

“Voglio recarmi nella contea di Morrill. È là che mio padre e Jimmy Scotts sono stati uccisi. E dato che l’omicidio di mio padre sembra essere stato il primo della serie, credo che sia il luogo migliore da cui partire.”

“Esattamente cosa cerca?” volle sapere Penbrook.

“Ancora non lo so.”

“Non si lasci ingannare” lo rassicurò Ellington. “È proprio quando sembra non sapere quello che cerca che ottiene i risultati migliori.”

Mackenzie gli indirizzò un sorrisetto prima di riportare la propria attenzione su Penbrook. “Sono cresciuta in una città chiamata Belton. Partirò da lì e la mossa seguente si presenterà da sé.”

“Se è questo che intende fare, non ho intenzione di dissuaderla” disse Penbrook “ma la contea di Morrill... non si trova tipo a sei ore da qui?”

“Non mi dispiace guidare” replicò lei. “Non sarà un problema.”

“Quando partirete?”

“Presto, credo. Se partiamo per le sei, saremo a Belton entro mezzanotte.”

“Allora, buona caccia” commentò Penbrook. Sembrava deluso e un po’ irritato. Mackenzie immaginò che fosse perché aveva creduto che lei ed Ellington sarebbero rimasti a lavorare con lui gomito a gomito fino alla chiusura del caso.

Senza sforzarsi di mascherare la propria reazione, Penbrook si avviò alla porta. Voltando appena la testa per guardarli da sopra la spalla, fece loro un cenno di saluto. “Fateci sapere se vi serve qualcosa.”

Una volta che Penbrook si fu chiuso la porta alle spalle, Mackenzie fece un sospiro. “Wow, non l’ha presa affatto bene, eh?”

Dopo un momento di riflessione, Ellington rispose con voce calma e misurata: “Credo di capire il suo punto di vista.”

“Ovvero?” chiese Mackenzie.

“Gli omicidi più recenti sono avvenuti tutti vicino ad Omaha. Andare dall’altra parte del paese gli deve sembrare un’inutile perdita di tempo.”

“Ma tutto è cominciato lì” protestò Mackenzie. “Ha perfettamente senso andarci.”

Mackenzie intuì che Ellington si sarebbe voluto alzare per venire da lei, forse per abbracciarla o per stringerle le mani; ma si era impegnato molto a tenere separate la loro vita lavorativa da quella privata, così rimase seduto.

“Ascolta” disse “capisco quanto questo caso sia importante per te. E ti conosco abbastanza da sapere che non ti fermerai finché non sarà risolto. Se vuoi andare a Belton, credo che dovresti farlo, però... credo che sarebbe meglio se io restassi qui.”

Mackenzie non aveva mai nemmeno preso in considerazione l’idea di tornare nella sua città natale da sola. Poco più di un anno prima l’aveva fatto, ma allora le cose erano diverse; non aveva il supporto di Ellington su cui poter contare.

La sua delusione le si doveva leggere in volto, perchГ© Ellington stavolta si alzГІ dalla sedia. Si avvicinГІ e si fermГІ proprio davanti a lei, prendendole delicatamente le mani.

“Vorrei venire anch’io. Sul serio. Ma abbiamo già commesso questo sbaglio. Ce ne andiamo in un posto lontano dal cuore dell’indagine solo per scoprire al nostro ritorno che è successo qualcosa di grosso. Stavolta non possiamo permetterci un errore di valutazione simile. Se senti di dover andare nella contea di Morrill, allora vai, ma è meglio che io resti qui alla centrale operativa. A costo di sembrarti uno stronzo... questo non è solo il caso di tuo padre. Ci sono molte vittime anche qui a Omaha. Vittime recenti.”

Naturalmente ha ragione, pensГІ Mackenzie. Ma allo stesso tempo... perchГ© abbandonarmi quando ho piГ№ bisogno di lui?

Tuttavia annuì in silenzio. Non era quello il momento di fare scenate. Anzi, sperava di non doverne mai fare. Tra l’altro... perché avrebbe dovuto prendersela con lui per essere riuscito a separare il loro rapporto lavorativo da quello sentimentale? Lei sicuramente non ci stava riuscendo in quel momento.

“Sì, hai ragione” gli disse quindi. “Magari tu puoi iniziare a perlustrare le strade e parlare con qualche senzatetto.”

“Era quello che avevo in mente, però Mac... se vuoi che venga insieme a te...”

“No” disse lei “me la caverò. Facciamo come dici tu, è meglio.”

Detestava non riuscire a nascondere il proprio disappunto. Sapeva che Ellington non metteva in dubbio il suo istinto e sapeva anche che dividersi era la tattica migliore in quel caso. Ma stava per tornare nella sua città natale per affrontare demoni che aveva finora ignorato. Quella era la prima vera occasione per Ellington di farsi avanti e dimostrarle l’uomo che poteva essere per lei.

Invece aveva deciso di comportarsi da bravo agente piГ№ che da bravo fidanzato.

Lei lo capiva e, Dio l’aiuti, questo la fece innamorare di lui ancora di più.

“Non sono uno stupido, Mac” disse. “Sei arrabbiata. Posso venire con te, non è una tragedia.”

“Non sono arrabbiata... non con te. È solo che odio come questo caso mi faccia sentire di essere due persone diverse. Ma hai ragione tu, devi restare qui.”

Lo baciò all’angolo della bocca e andò verso la porta.

“Quindi te ne vai così?”

“Sempre meglio che tirarla per le lunghe e arrabbiarsi ulteriormente, non credi? Ti chiamo appena trovo una stanza in albergo.”

“Sei sicura di voler fare così?” le chiese lui.

Non so cosa voglio, pensò lei. Ed è questo il problema. Ma quello che disse fu solo: “Sì. È la strategia migliore. Ci sentiamo verso mezzanotte.”

Quindi uscì dalla sala riunioni. Le ci volle tutta la propria determinazione per non voltarsi e spiegargli che non avesse idea del perché l’idea di separarsi la turbasse tanto. Così si obbligò a non fermarsi. Mentre andava a procurarsi una macchina, tenne gli occhi bassi e non parlò con nessuno.




CAPITOLO CINQUE


A ripensarci, Mackenzie si pentì di non essere rimasta ad Omaha quella notte, ad aspettare la luce del giorno per recarsi nella contea di Morrill. Attraversare Belton alle 0:05 si rivelò a dir poco inquietante. In giro per le strade non c’era praticamente nessuna auto e le uniche fonti di luce erano i lampioni sulla Main Street e alcune insegne al neon che segnalavano la presenza di bar e del posto che cercava Mackenzie, ovvero l’unico motel del paese.

La popolazione di Belton superava di poco le duemila unità. Gli abitanti erano per lo più agricoltori e operai dell’industria tessile. Il cuore del paese era costituito da piccole imprese, poiché quelle più grandi non si attentavano a tentare la fortuna in quella parte dello Stato. Quando era piccola, un McDonald’s, poi un Arby’s e quindi un Wendy’s avevano provato ad aprire su Main Street, ma tutte e tre le attività erano morte nel giro di tre anni.

Prese una stanza dopo aver ricevuto un’occhiata lasciva molto poco discreta dal vecchio e burbero impiegato dietro il bancone. Dopo aver disfatto l’unica valigia che aveva portato con sé e sentendosi esausta per quella lunga giornata, chiamò Ellington come ultima cosa prima di mettersi a dormire. Diligente come al solito, rispose al secondo squillo. Dalla voce sembrava esausto quanto lei.

“Ce l’ho fatta” esordì Mackenzie, senza sprecarsi in convenevoli.

“Bene” rispose Ellington. “Come va?”

“Mi ha messo i brividi. Immagino non sia il posto ideale da visitare col buio.”

“Sei ancora convinta che sia la mossa giusta?”

“Sì, e tu?”

“Non lo so. Ho avuto tempo per pensarci. Forse sarei dovuto venire con te. Per te non si tratta solo di risolvere un caso, ma anche di lasciarti il passato alle spalle. E una persona che ti ama, come ti amo io, dovrebbe essere lì con te.”

“Ma prima di tutto è un caso” disse Mackenzie. “La priorità per te è comportarti da bravo agente.”

“Già, cercherò di convincermi. Mi sembri stanca, Mac. Va’ a dormire. Sempre che tu riesca ancora a dormire da sola.”

Mackenzie sorrise. Erano quasi tre mesi che dormivano nello stesso letto. “Parla per te” gli disse di rimando. “Io ho un addetto alla reception particolarmente anziano che mi ha spogliata con gli occhi prima.”

“Usate delle precauzioni” scherzò Ellington ridendo. “Buonanotte.”

Mackenzie chiuse la telefonata e si spogliò, restando in biancheria intima. Dormì sulle coperte, non fidandosi delle lenzuola di un motel di Belton. Credeva che le ci sarebbe voluta un’eternità a prendere sonno, ma prima che la solitudine e la tranquillità del paese fuori dalla finestra avessero modo di inquietarla, il sonno la agguantò, tirandola a sé.



***



Il suo orologio biologico la svegliò alle 5:45, ma lei lo ignorò e tornò a chiudere gli occhi. Non aveva un vero e proprio piano per quella giornata e comunque non ricordava l’ultima volta in cui si era concessa di indugiare a letto. Riuscì a riaddormentarsi e quando si destò nuovamente, erano le 7:28. Scese dal letto, si fece la doccia e si vestì. Alle otto era fuori dalla porta, in cerca di un caffè.

Si fermò in una piccola tavola calda, che era lì da che avesse memoria, e ordinò una tazza di caffè e dei salatini. Quando era alle superiori ci veniva con gli amici e rimanevano a sorseggiare frullati fino alla chiusura, alle nove di sera. Il locale adesso sembrava un tugurio, una macchia sui suoi ricordi dell’adolescenza.

Il caffè era buono e forte, proprio la carica che le serviva per avventurarsi lungo la Highway 6, diretta verso il luogo in cui aveva vissuto. Quando fu vicina, si accorse di ricordare senza difficoltà l’ultima volta che c’era stata. Era stato in compagnia di Kirk Peterson, l’investigatore privato e ora travagliato, che era incappato nel caso di suo padre quando Jimmy Scotts era stato ucciso.

Così, quando imboccò una laterale e iniziò a intravedersi la casa, non fu così sorpresa da quello che vide. Il tetto fatiscente sembrava sul punto di far crollare l’intera parete posteriore. Il giardino era invaso dalle erbacce e il porticato sembrava uscito dritto da un film horror.

Anche l’abitazione dei vicini era disabitata. Sembrava calzante che al di là delle case non ci fosse nulla tranne la foresta. Forse un giorno gli alberi sarebbero avanzati inghiottendo quelle vecchie abitazioni.

Non mi dispiacerebbe affatto, pensГІ Mackenzie.

Parcheggiò l’auto in quello che restava del vialetto d’ingresso e uscì. Con l’autostrada alle spalle e il bosco davanti a sé, quel luogo appariva silenzioso e sereno. Sentiva gli uccelli cinguettare tra gli alberi e il ticchettio del motore dell’auto che si raffreddava. Si incamminò fino alla porta d’ingresso. Nel vederla sfondata, sorrise. Ricordava di averla buttata giù quando era stata lì con Peterson. E ricordava anche il distorto senso di soddisfazione che ne aveva tratto.

All’interno tutto era esattamente come un anno prima. Non c’erano mobili, né oggetti personali. A parte le crepe nei muri, la muffa sulla moquette e l’odore di vecchio, non c’era niente lì per lei. Niente di nuovo.

Allora che accidenti ci faccio qui?

Conosceva la risposta. Era lì perché sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe vista. Dopo quel viaggio, non si sarebbe più concessa di farsi turbare da quella dannata casa. Né nei ricordi, né nei sogni e certamente non nel suo futuro.

Attraversò la casa lentamente, soffermandosi in ogni stanza. Il salotto dove lei e sua sorella Stephanie guardavano I Simpson e si erano appassionate quasi al limite della fissazione con X-Files. La cucina, dove la madre raramente aveva preparato piatti gustosi, se si escludevano le lasagne precotte di cui aveva trovato la ricetta su una confezione di pasta. La sua camera da letto, dove aveva baciato per la prima volta un ragazzo e dove per la prima volta si era lasciata spogliare da un ragazzo. Sulle pareti c’erano zone rettangolari dove la pittura non era scolorita come il resto del muro: era dove teneva i poster dei Nine Inch Nails, dei Nirvana e di PJ Harvey.

Il bagno, dove aveva pianto dopo aver avuto il suo primo ciclo. La piccola stanza adibita a lavanderia, dove aveva cercato di rimuovere l’odore di birra che si era rovesciata sulla camicetta dopo essere rincasata a tarda notte quando aveva quindici anni.

E poi, in fondo al corridoio, ecco la camera dei suoi genitori, la camera che popolava i suoi incubi da troppo tempo ormai. La porta era aperta, come un invito ad entrare. Mackenzie perГІ non lo fece; rimase invece sulla soglia, con le braccia conserte, e guardГІ dentro. Con la luce del sole che filtrava attraverso le finestre crepate e impolverate, la stanza aveva quasi un che di etereo. Sarebbe stato facile lasciarsi suggestionare e credere che quel luogo fosse infestato, oppure maledetto. Ma Mackenzie sapeva che nessuna delle due cose era vera. In quella stanza era morto un uomo e il suo sangue era ancora sulla moquette; ma lo stesso era vero per innumerevoli altre camere nel mondo. E quella non era piГ№ speciale delle altre, quindi perchГ© doveva avere tutto quel potere su di lei?

Credi pure di essere dura e tenace, disse una parte piГ№ saggia di lei. Ma se non risolvi il caso stavolta, questa camera ti perseguiterГ  per sempre. Faresti prima a richiuderti qui dentro e buttare la chiave.

Mackenzie si allontanò dalla porta per uscire di casa. Raggiunse il retro della casa, dove si trovava l’unico ingresso per lo scantinato. La porta era imbarcata e fu semplice aprirla. Appena mise piede all’interno per poco non gridò alla vista di un serpente verde che strisciava in un angolo. Rise tra sé poi entrò nell’ambiente polveroso. C’era un tanfo di terra vecchia e decomposizione. Era un luogo dimenticato con polvere e ragnatele ovunque. Polvere, muffa e marciume. Era difficile immaginare che quello era il posto in cui un tempo era eccitata di avventurarsi quando era tempo di tirare fuori la sua bici in primavera per fare dei giri in cortile. Era lì che suo padre teneva il tosaerba e il decespugliatore e sua madre i barattoli di vetro vuoti per conserve e marmellate.

Sopraffatta dai ricordi e dall’odore rancido, Mackenzie tornò fuori. Andò alla macchina, ma non riuscì ancora ad andarsene. Come uno spettro annoiato, tornò ancora una volta dentro casa. Ancora una volta percorse il corridoio che portava alla camera dei suoi genitori.

Mentre osservava la stanza, lentamente iniziò a capire la strada che avrebbe dovuto intraprendere. La sera prima ci era andata vicina, mentre raggiungeva Belton. Non c’era niente per lei in quella vecchia stanza vuota, se non macabri ricordi. Se voleva fare progressi concreti col caso, avrebbe dovuto mettersi a scavare un po’.

Sarebbe dovuta tornare a girare le strade di cui, da ragazzina, temeva non si sarebbe mai liberata.



***



Dopo aver ottenuto un posto nella Polizia di Stato, a ventitré anni, si era distaccata così tanto da Belton che col passare degli anni non ricordava quasi nulla del paesino. Non aveva idea di quali attività fossero ancora aperte. E non aveva idea di chi fosse morto e chi invece avesse raggiunto la vecchiaia.

Certo, mancava da Belton solo da poco più di dieci anni, ma si sa che in una piccola cittadina come quella bastava anche soltanto un anno a causare cambiamenti drastici, che si trattasse dell’economia, delle case o dei decessi. D’altra parte sapeva anche che le piccole città tendevano a mantenere le proprie radici ben salde nelle tradizioni. Per questo motivo Mackenzie si diresse in un negozio di attrezzature agricole al confine orientale della città.

Il negozio si chiamava Atkins Farm and Tractor Supply e un tempo, molto prima che Mackenzie nascesse, era stato il principale centro d’affari della città. O almeno così le aveva raccontato il padre. Adesso invece era l’ombra di se stesso. Quando Mackenzie era piccola, era lì che gli agricoltori potevano trovare semi di ogni sorta; come la maggior parte dei negozi del Nebraska, era specializzato in granoturco. Vendeva anche piccoli attrezzi agricoli, accessori e oggetti per la casa.

Quando entrò nel negozio, quindici minuti dopo essersi allontanata dalla porta della camera in cui era morto suo padre, Mackenzie si sentì quasi triste per i proprietari. L’intera parte posteriore del negozio, dove un tempo si trovavano le attrezzature e i semi, era stata smantellata. Adesso lì c’era solo un vecchio tavolo da biliardo. Il negozio offriva ancora semi, ma non c’era grande scelta. L’area più ampia del locale infatti era dedicata a fiori e semi di piante da appartamento. Un piccolo refrigeratore conteneva esche da pesca (pesciolini e lombrichi, stando al cartello scritto a mano), mentre dietro al bancone principale c’era un espositore molto impolverato con canne e valigette da pesca.

Dietro al bancone c’erano due uomini anziani. Uno stava girando il cucchiaino nella tazza del caffè, mentre l’altro sfogliava un catalogo cartaceo. Mackenzie si avvicinò al bancone, non sapendo bene quale approccio scegliere: la persona del posto che torna dopo una lunga assenza, oppure l’agente dell’FBI venuta a rivangare vecchi fatti per un caso.

Decise di improvvisare. Quando fu a pochi passi dal bancone, entrambi gli uomini sollevarono lo sguardo su di lei contemporaneamente. Mackenzie li riconobbe entrambi, ma conosceva solo il nome di quello che sfogliava il catalogo.

“Signor Atkins?” gli disse, pensando che forse sarebbe riuscita ad interpretare entrambi i ruoli e ottenere informazioni oneste, sempre ammesso che ce ne fossero.

Wendell Atkins era più vecchio di dodici anni dall’ultima volta che Mackenzie l’aveva visto, ma sembrava invecchiato almeno di venti. Mackenzie calcolò che dovesse avere più di settant’anni ormai.

L’uomo le sorrise inclinando la testa. “Hai un viso familiare, ma non so se ricordo il tuo nome. Sarà meglio che me lo dica tu, altrimenti potrei restare qui a pensarci tutto il giorno.”

“Sono Mackenzie White. Sono nata e cresciuta a Belton, fino all’età di diciotto anni.”

“White... tua mare era Patricia?”

“Esatto, signore, sono io.”

“Santo cielo, non ti vedo da un sacco di tempo. A quanto ho sentito lavori per la Polizia di Stato, vero?”

“Sì, sono stata una detective per un po’” disse Mackenzie. “Ma adesso lavoro a Washington DC. Sono nell’FBI.”

Sorrise tra se e se perché sapeva che nel giro di un’ora, Wendell Atkins avrebbe detto a tutti della visita di Mackenzie White, la ragazza del posto che se n’era andata a Washington ed era diventata una federale. E se si fosse sparsa la voce, Mackenzie immaginò che qualcuno avrebbe ricominciato a parlare di quello che era successo a suo padre. Era così che si spargevano le informazioni nelle piccole città.

“Ma davvero?” fece Atkins. Persino il suo amico sollevò lo sguardo dalla sua tazza di caffè, sembrando molto interessato.

“Esatto, signore. In realtà è proprio per lavoro che sono qui. Sono tornata a Belton per indagare su un vecchio caso. Il caso di mio padre.”

“Oh no” disse Atkins. “È vero... non hanno mai trovato l’assassino, vero?”

“Purtroppo no. Di recente ci sono stati alcuni omicidi a Omaha che riteniamo collegati a quello di mio padre. Sono venuta qui semplicemente perché ricordo che quando ero piccola mio padre ci veniva spesso. Era qui che gli uomini si trovavano per sedersi a bere un caffè e fare due chiacchiere, giusto?”

“Sì, è così... anche se non era sempre caffè quello che bevevamo” ammise Wendell con una rauca risata.

“Mi chiedevo se poteste dirmi qualunque cosa vi ricordate di aver sentito dopo l’uccisione di mio padre. Anche se pensate che siano solo voci, voglio sapere tutto.”

“Beh, agente White” disse l’uomo in tono scherzoso, “mi dispiace ma alcune cose non erano carine.”

“Non mi aspetto che lo siano.”

Atkins si schiarì la voce a disagio e si chinò in avanti, appoggiandosi al bancone. Percependo l’inizio di una conversazione imbarazzante, il suo amico prese la tazza di caffè e sparì dietro l’espositore di canne da pesca al di là del bancone.

“Alcuni dicono che sia stata tua madre” disse Atkins. “E te lo sto dicendo solo perché me l’hai chiesto. Non mi permetterei mai, altrimenti.”

“Non si preoccupi, signor Atkins.”

“Si racconta che abbia pianificato tutto per farlo sembrare un omicidio. Il fatto che... sì, insomma, il fatto che dopo abbia avuto quell’esaurimento nervoso ad alcuni è sembrato fin troppo comodo.”

Quelle accuse non turbarono Mackenzie minimamente. Lei stessa aveva preso in considerazione quell’ipotesi, ma le cose non tornavano. Questo avrebbe voluto dire che fosse responsabile anche delle morti dei senzatetto, di Gabriel Hambry e di Jimmy Scotts. Sua madre era molte cose, ma non una serial killer.

“Un’altra storia dice che tuo padre avesse legami con alcune brutte persone dal Messico. Che fosse coinvolto nel narcotraffico. Poi un affare è andato male, oppure tuo padre ha pestato i piedi a qualcuno, ed è finita così.”

Quella era un’altra teoria che era stata presa in considerazione molto tempo prima. Il fatto che anche Jimmy Scotts fosse sospettato di essere coinvolto in un giro di droga, lui nel New Mexico, aveva fornito un collegamento, ma come le lunghe indagini avevano provato, non sussisteva un legame. Poi c’era anche il fatto che il padre di Mackenzie era stato nelle forze dell’ordine ed era di dominio pubblico il fatto che avesse arrestato alcuni spacciatori locali, quindi era facile fare una supposizione del genere.

“C’è altro?” chiese.

“No. Che tu ci creda o meno, non mi impiccio molto. Odio i pettegolezzi. Vorrei davvero avere più informazioni da darti, ma non è così.”

“Non c’è problema. La ringrazio, signor Atkins.”

“C’è una persona con cui dovresti parlare. Amy Lucas. Te la ricordi?”

Mackenzie provò a frugare nei ricordi, ma non le sovvenne niente. “Il nome forse mi è familiare, però... non me la ricordo.”

“Vive sulla Dublin Road... nella casa bianca con una vecchia Cadillac posata su piloni di cemento nel vialetto. Quella dannata cosa è lì da sempre.”

Tristemente, quel promemoria bastò. Anche se non conosceva personalmente Amy Lucas, ricordava bene la casa. La Cadillac in questione era degli anni ’60. Era su quei pilastri da Dio sa quanto tempo. Mackenzie ricordava che ogni tanto ci passava davanti.

“Perché dovrebbe avere informazioni?” volle sapere Mackenzie.

“Lei e tua madre ad un certo punto erano diventate inseparabili. Amy ha perso suo marito per un cancro tre anni fa. Da allora non si è più vista in giro come prima. Però la ricordo sempre insieme a tua madre. Erano sempre al bar, oppure sul portico di Amy a giocare a carte.”

Come se il signor Atkins avesse premuto un interruttore, Mackenzie all’improvviso ricordò molti più dettagli di prima. Riusciva quasi a vedere il viso di Amy Lucas, illuminato dalla sigaretta che le spuntava tra le labbra. Lei è l’amica per cui mamma e papà litigavano così spesso, ricordò Mackenzie. Le notti in cui mamma rincasava ubriaca o quando era fuori il sabato, era insieme a Amy. Io ero troppo piccola per capire.

“Sa dove lavora?” chiese Mackenzie.

“Da nessuna parte. Scommetto quello che vuoi che in questo momento è in casa. Morendo, il marito le ha lasciato un bel gruzzoletto. Passa le sue giornate in casa a deprimersi. Però per favore... se vai a trovarla, per l’amor del cielo, non dirle che ti ho mandato io.”

“Non lo farò. Grazie ancora, signor Atkins.”

“Figurati. Spero che trovi quello che stai cercando.”

“Sì, anch’io.”

Mackenzie uscì dal negozio e andò alla macchina. Osservò la silenziosa Main Street e iniziò a chiedersi: Cos’è di preciso che sto cercando?

Entrò in macchina e si avviò verso Dublin Road, sperando di trovare una qualche risposta lì.




CAPITOLO SEI


Dublin Road era un tratto di asfalto a due corsie che si snodava nella foresta. Alberi torreggianti su entrambi i lati della strada scortarono Mackenzie fino alla residenza di Amy Lucas. Si sentì come trasportata indietro nel tempo, soprattutto quando raggiunse la casa e vide la vecchia Cadillac posata sui blocchi di cemento in fondo al vialetto di ghiaia.

ParcheggiГІ dietro l'unica altra automobile nel vialetto, una Honda molto piГ№ recente, quindi scese. Mentre saliva sulla veranda, pensГІ al signor Atkins che le aveva raccontato di sua madre e di Amy che giocavano a carte proprio in quel punto. La consapevolezza che sua madre un tempo si trovasse su quel portico le fece procurГІ un piccolo brivido.

Mackenzie bussò alla porta e subito aprì una donna che era solo l’ombra del ricordo che Mackenzie aveva di lei. Amy Lucas sembrava essere sulla cinquantina e aveva lo sguardo tipico di una persona perennemente sospettosa degli altri. I capelli castani erano già diventati quasi completamente grigi. Li portava tirati indietro a rivelare una fronte piena di vecchie cicatrici da acne. Tra le dita della mano destra reggeva una sigaretta accesa, il fumo che rientrava dentro casa.

"Signora Lucas?" chiese Mackenzie. "Amy Lucas?"

"Sono io" disse quella. "Lei chi ГЁ?"

Mackenzie esibì il distintivo e ripeté la solita tiritera. "Mackenzie White, FBI. Speravo di poterle rivolgere..."

"Mac! Santo cielo! Che ci fai in cittГ ? "

Il fatto che la donna a quanto pare si ricordasse perfettamente di lei la disorientò un po’, ma ciononostante Mackenzie riuscì a mantenere la calma. "In realtà sto lavorando a un caso e speravo potesse essermi d’aiuto."

"Io?" Poi scoppiò a ridere e quella risata roca tradì le innumerevoli sigarette fumate negli anni, che ormai le stavano rovinando i polmoni.

"Ecco, riguarda il caso di mio padre. E francamente, mia madre e io non siamo piГ№ in buoni rapporti. Speravo che potesse aiutarmi a far luce su alcune cose."

Gli occhi sospettosi della donna si strinsero per un momento, poi Amy annuì facendosi da parte. "Entra" le disse.

Appena Mackenzie mise piede in casa, il tanfo del fumo di sigaretta la colpì in viso come uno schiaffo. Era quasi una nuvola visibile sospesa in casa. Amy le fece strada attraverso un piccolo atrio fino in soggiorno, dove si accomodò su una vecchia poltrona sgangherata.

Mentre Mackenzie si sedeva sul bordo di un divano sul muro opposto, dovette sforzarsi di non dare a vedere che stesse cercando di non tossire per tutto il fumo di sigaretta.

"Ho saputo di suo marito" disse Mackenzie. "Le mie condoglianze."

"Sì, è stato un giorno triste, ma sapevamo che sarebbe arrivato. Il cancro può essere uno stronzo. Però... lui era pronto ad andarsene. Il dolore era talmente intenso verso la fine."

Non c'era un modo facile per cambiare argomento e, dal momento che Mackenzie non aveva mai considerato l'arte della conversazione il suo punto di forza, fece del proprio meglio per arrivare al punto senza sembrare scortese.

"Dunque, sono tornata in cittГ  per cercare di trovare maggiori dettagli sull'omicidio di mio padre. Il caso ГЁ rimasto freddo per moltissimo tempo, ma un'altra serie di omicidi in altre parti dello stato ci ha fatto riaprire le indagini. Volevo venire da lei perchГ© a quanto ne so ГЁ stata vicina a mia madre. Mi chiedevo se potesse dirmi qualcosa sullo stato in cui si trovava nei giorni immediatamente prima e subito dopo la morte di mio padre."

Amy tirГІ una boccata dalla sigaretta e si appoggiГІ allo schienale della sedia. Non sembrava piГ№ sospettosa, adesso era piuttosto triste.

"Cavolo, mi manca tua madre. Come sta?"

"Non lo so" replicГІ Mackenzie. "Non ci parliamo da piГ№ di un anno. Come puГІ ben immaginare, tra noi ci sono questioni irrisolte. "

Amy annuì. "È mai riuscita a uscire da quella... casa?"

Intende il reparto psichiatrico, pensò Mackenzie. "Sì. Poi si è trovata un appartamento da qualche parte e ha vissuto la sua vita. Lasciandosi me e Stephanie alle spalle."

"Quando tuo padre morì, fu così difficile per lei" disse Amy. "Il fatto che fosse proprio lì sul divano, quando è successo... l'ha mandata fuori di testa."

Sì, ha mandato anche me fuori di testa, pensò Mackenzie. "Già, è stato così per tutti noi. La mamma le ha mai detto niente riguardo a quella notte? Magari cose che ha visto o sentito? "

"Non che riesca a ricordare. So che era ossessionata dall'idea che la porta non fosse chiusa a chiave... che la persona che entrГІ e uccise tuo padre fosse riuscita a entrare in casa senza difficoltГ . Il fatto che sarebbe potuto accadere a te o tua sorella la spaventava a morte."

"Questo ГЁ il punto" disse Mackenzie. "Tutti gli altri sono rimasti sani e salvi. L'assassino voleva solo mio padre. La mamma ha mai condiviso con lei delle cose su mio padre che ha trovato strane? Magari dei motivi per cui qualcuno potesse volerlo morto? "

"Onestamente, tua madre parlava solo di quanto fosse sexy con quell'uniforme della polizia. Era un detective nell’ultimo periodo, giusto?"

"Esatto. Quindi... alla mamma piaceva il fatto che fosse un poliziotto o la metteva a disagio?"

"Un po' entrambe le cose, immagino. Era molto orgogliosa di lui, ma era sempre preoccupata. È per questo che beveva così tanto. Era sempre preoccupata che potesse capitargli qualcosa e il bere era il suo modo di gestire lo stress."

"Capisco…"

"Senti, so che alcune voci che circolano in città potrebbero non essere così belle, ma tua madre amava tuo padre. Lo amava molto. Lui aveva fatto di tutto per supportarla. Quando era diventato per la prima volta un poliziotto e riuscivano a malapena a sbarcare il lunario, aveva persino ottenuto un prestito e comprato un minuscolo condominio fuori città. Per due anni provò a fare l’affittacamere, ma non faceva per lui. Il reddito però era sufficiente per tenerli a galla."

"Questo a quando risale?" volle sapere.

"A prima arrivassi tu, di sicuro" disse Amy. "Allora eravamo tutti così giovani. Dio, non riesco a credere di aver dimenticato certe cose così facilmente... "

Mackenzie non poté fare a meno di sorridere. Era bastato così poco e già aveva imparato qualcosa di nuovo su suo padre. Certo, forse lui e sua madre avevano menzionato di sfuggita la storia degli appartamenti in affitto, ma se anche l'avevano fatto, lei non ci aveva mai dato peso.

"Amy, quando ГЁ stata l'ultima volta che ha parlato con mia madre?"

"Il giorno prima che partisse per andare in quella casa. Non per infierire, ma anche allora penso che fosse arrabbiata con te. Anche se non ha mai rivelato il motivo della sua rabbia."

"E ha detto qualcosa su mio padre?"

"Ha detto che ГЁ successo come in un incubo. Che era colpa sua e che avrebbe dovuto essere in grado di fermarlo. Io ho pensato che fosse solo il senso di colpa per essere rimasta addormentata e non essersi svegliata quando il killer entrГІ in casa con la pistola. "

“C'è qualcos'altro che le viene in mente?” chiese Mackenzie.

Mentre Amy rifletteva, Mackenzie si era aggrappata a una cosa che la donna aveva detto. Lei avrebbe dovuto essere in grado di fermarlo.

Sembra una cosa strana da dire, alla luce di quanto successo.

Lei sa qualcosa. Lo ha sempre saputo e ho sempre avuto troppa paura per chiederglielo...

Merda. Devo chiamarla.

Amy alla fine rispose: "No, niente che io riesca a ricordare. Ma adesso hai rimesso in moto i miei ricordi del passato. Se mi viene in mente qualcos'altro, sicuramente te lo farГІ sapere."

"Lo apprezzerei” disse Mackenzie, consegnando ad Amy uno dei suoi biglietti da visita.

LasciГІ la casa, incredibilmente grata di poter respirare l'aria fresca. TornГІ alla sua auto, consapevole che puzzava di fumo di sigaretta, e riflettГ© ancora sulle nuove informazioni che aveva appreso su suo padre.

Un affittacamere, pensГІ. Non ce lo vedo affatto! Mi chiedo se Stephanie lo sapesse...

Ma sulla scia di quel pensiero, ne spuntГІ un altro.

Devo andare a trovare mia madre. Non posso piГ№ girarci intorno.

Questa consapevolezza la rese immediatamente nervosa. Mentre si allontanava su Dublin Road, il solo pensiero di vedere sua madre la stava mandando nel panico. Le sembrava di avvertire un peso crescente allo stomaco, mentre tornando in città cercava di pensare a qualcosa che potesse rimandare l’inevitabile incontro con sua madre.




CAPITOLO SETTE


Aveva ancora un compito legittimo da svolgere prima di continuare a tormentarsi pensando a sua madre. ControllГІ i fascicoli del caso e recuperГІ i dati sull'autopsia di suo padre. TrovГІ il nome del medico legale che aveva scritto il referto originale e si mise a cercarlo.

Fu piuttosto semplice. Nonostante il coroner in questione si fosse ritirato due anni prima, la contea di Morrill uno di quei luoghi simili ad un buco nero: impossibile fuggire. Ecco perché vedeva così tanti volti familiari per le strade. Nessuno aveva pensato di andarsene, di girare il mondo per vedere cosa la vita avesse da offrire.

Aveva contattato l'agente Harrison a Washington per ottenere l'indirizzo di Jack Waggoner, il medico legale che aveva operato su suo padre. Ottenne l'indirizzo in pochi minuti e si ritrovГІ a guidare in un'altra piccola cittГ  chiamata Denbrough. Denbrough era situata sessantacinque chilometri a sud di Belton; due puntini sulla mappa della contea di Morrill.

Jack Waggoner viveva in una casa accanto a un ampio campo. Vecchie staccionate fatiscenti e filo spinato indicavano che una volta lì c'erano stati cavalli o bestiame. Quando parcheggiò l’auto nel vialetto di una magnifica casa a due piani in stile coloniale, vide una donna che strappava le erbacce da un giardino fiorito che delineava l'intero portico.

La donna continuГІ a osservare Mackenzie fino a quando non ebbe parcheggiato e fu scesa.

"Salve" la salutГІ Mackenzie, volendo interagire con la donna al piГ№ presto, prima che quel suo modo di fissarla le desse sui nervi.

"Salve a lei" replicГІ la donna. "Posso chiederle chi ГЁ?"

Mackenzie tirГІ fuori il distintivo e cercГІ di presentarsi nel modo piГ№ garbato che potГ©. Subito gli occhi della donna si illuminarono e smise di guardarla con sospetto.

"E cosa porta l'FBI a Denbrough?" si stupì la donna.

"Speravo di parlare con il signor Waggoner" spiegГІ. "Jack Waggoner. Г€ in casa? "

"Sì, è dentro" disse la donna. "Io sono Bernice, comunque. Sua moglie da trentun anni. A volte riceve chiamate dal governo, sempre su gente morta che ha visto in passato. "

"Beh, ГЁ proprio per questo che sono venuta qui. Potrebbe andarlo a chiamare?"

"La porterГІ da lui" disse Bernice. "Г€ nel bel mezzo di un progetto."

Bernice condusse Mackenzie dentro casa. Era pulita e scarsamente decorata, il che contribuiva a farla sembrare molto più grande di quanto non fosse in realtà. La struttura dell’abitazione le fece pensare ancora una volta che l'enorme campo lì fuori fosse servito un tempo per ospitare del bestiame, che doveva aver aiutato a pagare una casa del genere.

Bernice la accompagnГІ in un seminterrato ammobiliato. Arrivata in fondo alle scale, la prima cosa che vide Mackenzie fu una testa di cervo sulla parete. Poi, mentre giravano l'angolo, vide un cagnolino impagliato - un cane vero, impagliato dopo la morte. Era appollaiato nell'angolo su una strana piattaforma.

Nell'angolo piГ№ lontano del seminterrato, un uomo sedeva ricurvo su un tavolo da lavoro. Una lampada illuminava qualcosa a cui stava lavorando, che restava nascosto dalla schiena e dalle spalle curve dell'uomo.

"Jack?" lo chiamò Bernice. "C’è una visita per te."

Jack Waggoner si voltГІ e studiГІ Mackenzie dietro le spesse lenti degli occhiali. Quindi se li tolse, sbattГ© le palpebre quasi comicamente e lentamente si alzГІ dalla sedia. Appena si spostГІ, Mackenzie potГ© vedere a cosa stava lavorando. Vide il corpo di quella che sembrava una piccola lince rossa.

Tassidermia, pensГІ. A quanto pare non ГЁ riuscito a stare lontano dai cadaveri, dopo il pensionamento.

"Non credo che ci conosciamo" disse Jack.

"In effetti no" confermГІ lei. "Sono Mackenzie White, dell'FBI. Speravo di parlare con lei di un cadavere che analizzГІ circa diciassette anni fa. "

Jack fischiГІ e scrollГІ le spalle. "Accidenti, riesco a malapena a ricordare i corpi che ho visto durante il mio ultimo anno di lavoro - e questo risale soltanto a due anni fa. Diciassette anni ГЁ chiedere troppo."

"Era un caso di alto profilo" specificò Mackenzie. “Un poliziotto...un detective, in realtà. Un uomo di nome Benjamin White. Era mio padre. È stato colpito a..."

"A bruciapelo nella parte posteriore della testa" terminГІ Jack. "Con una Beretta 92, se la memoria non mi inganna."

"Esatto."

"Certo, quello me lo ricordo. E... beh, suppongo si possa dire che sia bello conoscerla. Mi dispiace per suo padre, ovviamente."

Bernice sospirГІ e si avviГІ verso le scale. Rivolse a Mackenzie un mezzo sorriso come per scusarsi e, dopo averle fatto un cenno, li lasciГІ soli.

Jack sorrise a sua moglie mentre questa saliva le scale. Quando i suoi passi non si sentirono piГ№, Jack tornГІ a guardare il tavolo di lavoro. "Le stringerei la mano ma... ecco, non so se le piacerebbe."

"La tassidermia mi sembra un hobby adatto per un uomo con un passato lavorativo come il suo" gli disse Mackenzie.

"Mi fa passare il tempo. E non ГЁ male avere un piccolo guadagno extra. Ad ogni modo... Sto divagando. Cosa posso dirle riguardo il caso di Ben White?"

"Sinceramente, sto solo cercando qualcosa fuori dall'ordinario. Ho letto i rapporti dei casi piГ№ di cinquanta volte, come minimo. Li conosco praticamente a memoria. Ma sono anche consapevole del fatto che spesso ci sono minuscoli dettagli che vengono notati solo da una o due persone - dettagli che in quel momento non sembra valere la pena includere nel rapporto ufficiale. Sto cercando qualcosa del genere. "

Jack si prese un momento per pensarci, ma Mackenzie capì dall'espressione delusa nei suoi occhi che non gli veniva in mente niente. Dopo qualche istante, scosse la testa. "Mi dispiace, ma per quanto riguarda il cadavere in sé, non c'era niente di strano. Naturalmente la causa della morte era chiara. A parte questo, però, il corpo era in buona forma."

"Allora perché lo ricorda così bene?"

"A causa della natura del caso stesso. Mi ГЁ sempre sembrato maledettamente sospetto. Suo padre era un poliziotto rispettato. Qualcuno ГЁ entrato in casa sua, gli ha sparato alla nuca ed ГЁ riuscito a uscire senza che nessuno si accorgesse di nulla. Una Beretta 92 non ГЁ troppo rumorosa, ma lo ГЁ abbastanza da svegliare le persone in casa. "

"Infatti mi ha svegliato" confermГІ Mackenzie. "La mia stanza era proprio accanto alla sua. L'ho sentito, ma non ero certa di cosa fosse. Poi ho sentito i passi di qualcuno che oltrepassava la mia stanza. La porta della mia camera era chiusa, il che non era mai stata mia abitudine da bambina. La lasciavo sempre socchiusa. Invece qualcuno l'aveva chiusa. La stessa persona che ha sparato a mio padre, immagino."

"Giusto. Sei stata tu a trovarlo, vero?”

Lei fece un cenno affermativo. "E non potevano essere passati piГ№ di due o tre minuti dallo sparo. Quello ГЁ il tempo che mi ci ГЁ voluto per capire che qualcosa non andava. Allora sono scesa dal letto e sono andata nella stanza dei miei genitori per controllare."

"Le assicuro... vorrei avere più informazioni per lei. E la prego di perdonarmi se lo dico, ma qualcosa non torna nella versione ufficiale dei fatti. Ha parlato con sua madre di questo?”

"No. Non in modo approfondito. Non siamo esattamente in buoni rapporti."

"Era distrutta nei giorni precedenti al funerale. Nessuno riusciva a dirle una parola. Passava da pianti inconsolabili a crisi di rabbia in un batter d'occhio."

Mackenzie annuì ma non disse nulla. Ricordava fin troppo bene gli attacchi d’ira di sua madre. Erano uno degli elementi chiave che la fecero finire in seguito in un reparto psichiatrico.

"C’era per caso segretezza quando il corpo è arrivato all'obitorio?" chiese.

"Non che io ricordi. Nessun affare losco, per quanto ne so. Era solo un cadavere come un altro. Però sai... mi ricordo di un poliziotto che era sempre presente. C’era quando il corpo fu consegnato e rimase per un po' nell'ufficio medico, come se stesse aspettando qualcosa. Sono quasi sicuro di averlo intravisto anche al funerale. Insomma, Benjamin White era un uomo molto rispettato... soprattutto dai colleghi nelle forze dell’ordine. Ma questo agente... era lì costantemente. Se la memoria non mi inganna, si fermò dopo il funerale, come se avesse bisogno di stare un po’ da solo per elaborare il lutto, o qualcosa del genere. Ma parliamo di moltissimo tempo fa, intendiamoci. Diciassette anni sono un sacco di tempo. I ricordi cominciano a scivolare via quando hai la mia età."

"Per caso conosce il nome di questo poliziotto?" chiese Mackenzie.

"No, ma sono piuttosto sicuro che abbia firmato alcune pratiche burocratiche ad un certo punto. Forse se riesce a mettere le mani sui fascicoli originali?"

"Forse" gli fece eco Mackenzie.

Sta dicendo la verità e gli dispiace per me, rifletté Mackenzie. Non c’è nient'altro da imparare qui... tranne forse come impagliare animali.

"Grazie per il suo tempo, signor Waggoner" disse.

"Di nulla" rispose l’uomo, scortandola di nuovo al piano di sopra. "Mi auguro davvero che riesca a scoprire come sono andate le cose realmente. Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di strano in questo caso. E anche se non conoscevo bene suo padre, ho sempre sentito solo cose positive."

"Grazie, lo apprezzo davvero" disse Mackenzie.

Con un ultimo ringraziamento, Mackenzie tornò fuori con Jack al suo fianco. Rivolse un cenno della mano a Bernice, che era tornata alle erbacce nel giardino, e risalì in macchina. Erano le tre del pomeriggio ma le sembrava che fosse molto più tardi. Ipotizzò che fosse colpa del volo da Washington al Nebraska, seguito quasi subito da un viaggio di sei ore.

Però era troppo presto, così immaginò che avrebbe potuto terminare la giornata andando nel posto in cui sapeva che sarebbe finita, ma dove non aveva mai messo piede prima: la stazione di polizia di Belton.




CAPITOLO OTTO


La stazione di polizia di Belton le ricordava fin troppo la stazione in cui aveva trascorso così tanto tempo durante il suo periodo come agente e detective nel Nebraska meridionale, prima che il Bureau la reclamasse. Era più piccolo, ma sembrava emanare la stessa sensazione soffocante. Era letteralmente come fare un grande passo indietro nel suo passato.

Dopo essersi annunciata alla donna dietro il bancone del check-in, Mackenzie si diresse verso una piccola stanza sul retro dell'edificio. Su una targa a lato della porta si leggeva ARCHIVI. Era quasi spaventoso quanto la procedura fosse stata indolente. Aveva mostrato il suo distintivo alla donna. Questa aveva fatto una telefonata, aveva ottenuto l'autorizzazione e poi le aveva dato il via libera.

Tutto qui. Mentre si dirigeva verso la sala degli archivi, due agenti che percorrevano il corridoio le rivolsero un cenno del capo e le rivolsero un'occhiata strana, ma nulla di più. Nessuno la fermò e nessuno le chiese cosa stesse facendo. Onestamente, per lei andava bene. Meno distrazioni c’erano, più velocemente sarebbe riuscita ad andarsene.

La stanza degli archivi consisteva in un piccolo tavolo di quercia al centro della stanza e due sedie. Il resto della stanza era occupato da schedari che andavano da parete a parete, alcuni dei quali sembravano vecchi e malconci, altri molto più recenti. Rimase sorpresa da quanto fossero organizzati i fascicoli, con i vecchi schedari che contenevano documenti risalenti al 1951. Giusto per curiosità e perché apprezzava documenti e fascicoli ben conservati, aprì uno di quei cassetti e sbirciò all’interno. Pagine consunte, cartelle e altro materiale riposavano ordinatamente all'interno, anche se era chiaro dall'odore di vecchio e dallo sbuffo di polvere che non erano stati consultati da molto tempo.

Chiuse il cassetto ed esaminò le etichette sul davanti degli altri schedari, finché non trovò quello di cui aveva bisogno. Aprì il cassetto e iniziò a setacciare i file. L'aspetto positivo dell'essere un agente di polizia in una città così piccola era che di solito non c'erano molti casi da mettere in archivio. Quando aveva cominciato a scavare nel caso di suo padre, aveva scoperto che l'anno in cui era morto c'erano stati solo altri due omicidi in tutta Belton.

Per questo motivo fu semplicissimo per lei trovare il dossier di suo padre. Lo tirГІ fuori, aggrottando la fronte quando vide quanto fosse sottile la cartellina. RicontrollГІ nel cassetto per vedere se c'era un altro file che le era sfuggito, ma non c'era nient'altro.

Accontentandosi di quell’esile cartellina, Mackenzie si sedette al tavolino al centro della stanza e iniziò a sfogliare i documenti. C'erano diverse fotografie della scena del crimine, che aveva già visto. Lesse anche le note sul caso. Anche quelle le conosceva già; ne aveva persino una copia nella sua raccolta di documenti sul caso. Ma vedere i documenti originali, tenerli in mano, le sembrò rendere tutto più reale, in un certo senso.

C'erano alcuni documenti nel dossier di cui non aveva copie personali. Tra questi c'era una copia del rapporto del coroner, completo del nome di Jack Waggoner firmato in basso. Lo studiò, trovò il lavoro e le note soddisfacenti e proseguì alla pagina successiva. Non era sicura di cosa stesse cercando, ma non c'era niente di nuovo da vedere. Tuttavia, quando arrivò sul retro del fascicolo, trovò la seconda pagina del rapporto finale, in cui una nota sosteneva che il caso rimanesse irrisolto.

In fondo, c'erano due firme scarabocchiate, insieme al nome stampato di ogni agente. Uno era Dan Smith. L'altro era Reggie Thompson.

Mackenzie tornò al rapporto del medico legale per vedere i nomi degli agenti che avevano firmato. C'era solo un nome lì: Reggie Thompson. Il nome di Thompson su entrambi i documenti indicava probabilmente che lui era l'agente che pareva essere sempre presente, persino all'ufficio del medico legale.

Sfogliò i documenti ancora una volta per assicurarsi di non aver tralasciato nulla. Come aveva già sospettato, non c'era niente. Rimise la cartellina nello schedario e uscì dalla stanza. Una volta nel corridoio, si prese del tempo. Guardò le targhe sulla parete accanto a ciascuna porta. Quasi tutte le porte erano aperte e nessuno sedeva alle scrivanie. Fu solo quando arrivò in fondo alla sala, quasi di nuovo all’ingresso, che trovò un ufficio occupato.

BussГІ alla porta, parzialmente aperta, e ricevette un allegro "Avanti" in risposta.

Mackenzie entrГІ nell'ufficio e fu accolta da una donna in carne seduta dietro una scrivania. Stava digitando qualcosa al computer, e non si fermГІ nemmeno quando vide Mackenzie.

"Posso aiutarla?" chiese la signora.

"Sto cercando un certo agente Reggie Thompson" disse Mackenzie.

Questo parve attirare l'attenzione della donna. Smise di digitare e guardГІ Mackenzie con espressione accigliata. Anticipandola, Mackenzie mostrГІ alla donna il distintivo e si presentГІ.

"Oh, capisco" disse la signora. "In tal caso, mi dispiace ma l'agente Thompson ГЁ andato in pensione l'anno scorso. Г€ rimasto il piГ№ a lungo possibile, ma alla fine ha dovuto ritirarsi. Gli ГЁ stato diagnosticato un cancro alla prostata. Da quello che ho sentito, pare si stia riprendendo, ma lo ha lasciato molto provato."

"Sa se puГІ ricevere visite? Speravo di fargli qualche domanda su un caso a cui ha lavorato un po' di tempo fa. "

"Sono abbastanza sicura che gli farebbe piacere, in realtГ . Chiama qui almeno una volta alla settimana, giusto per rimanere aggiornato... per vedere quali casi si sta perdendo. Ma se fossi in lei, aspetterei domani. Da quello che mi dice sua moglie, al mattino e nel primo pomeriggio si strapazza troppo, quindi arriva alle due o le tre del pomeriggio esausto."

"AspetterГІ fino a domani, allora" disse Mackenzie. "Grazie per l'aiuto."

Mackenzie uscì dalla stazione con la stessa facilità con cui era entrata. Tutto sommato, aveva trascorso circa mezz'ora lì dentro e, anche se aveva ancora una piccola parte del pomeriggio a sua disposizione, si sentiva stanca. E dal momento che Reggie Thompson preferiva sbrigare i suoi affari al mattino, questo la lasciava senza opzioni.

LasciГІ la stazione di polizia e tornГІ al motel. Mentre era in strada, il suo telefono squillГІ e fu felice di vedere che era Ellington. Anche se non avevano tecnicamente litigato, era ancora strano essere in contrasto con lui.




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